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Internet per tutti, ecco il piano per l’Italia online

Internet per tutti, ecco il piano per l’Italia online

Non solo buchi e cavi di fibra ottica, ma anche opere di bene, cioè servizi al cittadino. Con ritardo di quasi due anni, prende forma l’Agenda digitale: ovvero la strategia per portare l’Italia nel futuro con l’utilizzo di Internet. È lo strumento fondamentale per creare posti di lavoro e far crescere l’economia nell’era del web. Presentata nel maggio 2010, la Digital Agenda è uno dei 7 “obiettivi faro” dell’Ue per avere una crescita “inclusiva, intelligente e sostenibile”. Il traguardo è il 2020, ma è previsto un obiettivo intermedio molto sfidante: portare la banda larga di base (ovvero due megabit al secondo) a tutti i cittadini europei entro il 2013. La rincorsa italiana è partita: il 15 dicembre sul sito del ministero dello Sviluppo Economico è stata aperta una consultazione di un mese. Il 3 febbraio il Consiglio dei ministri, nel decreto Semplificazione, ha approvato la nascita di una “cabina di regia” di 5 ministri. Fra questi un ruolo fondamentale lo giocherà Francesco Profumo che oltre a Scuola Università e Ricerca ha la delega per la Innovazione e che ha integrato l’Agenda digitale. Giovedì la prima riunione.

I CITTADINI
Quando si parla di servizi al cittadini attraverso la rete, ci si riferisce ad uno strumento principale: “l’e-government in una logica di open goverment”. Non vuol dire solo fare i certificati online ma avere una pubblica amministrazione aperta e trasparente, che

favorisca la partecipazione attiva dei cittadini, riducendo i costi e i tempi del servizio. (Si tratta di una delle grandi rivoluzioni in corso: lo scorso 20 settembre Brasile e Stati Uniti hanno promosso la Open Government Partnership alla quale hanno subito aderito oltre settanta paesi, Italia compresa: e il prossimo 17 aprile a Brasilia, si terrà il primo summit mondiale). In questo quadro c’è una totale adesione all’Open access dei dati pubblici (Open Data). Il portale nazionale dei dati pubblici varato lo scorso 18 ottobre (dat. gov. it) sarà potenziato con tre obiettivi: consentire al cittadino decisioni informate; favorire lo sviluppo di applicazioni e modelli imprenditoriali di successo; garantire la trasparenza e quindi la responsabilità dei politici per i loro atti. Uno dei primi settori in cui questa strategia open-gov verrà attuata sarà la scuola: la messa in rete dei dati è già iniziata.

GLI UFFICI PUBBLICI
Affinché la rivoluzione digitale della pubblica amministrazione sia efficace ed efficiente, sono necessarie due condizioni. La prima: tutte le soluzioni adottate dovranno essere “aperte e interoperabili” (oggi spesso i documenti di una amministrazione non sono leggibili da un’altra semplicemente perché sono scritti in un formato diverso). Questo vuol dire una scelta netta e definitiva in favore del software open source, rispetto a soluzioni “chiuse, proprietarie e idiosincratiche a determinati ambienti tecnici o a dispositivi specifici”. La seconda condizione è creare una infrastruttura nazionale di cloud computing: ovvero portare i dati, i server e le applicazioni SU “una nuvola”. Questa politica non solo garantirà risparmi (minori costi e servizio sempre garantito), ma favorirà la standardizzazione necessaria per valorizzare il patrimonio di dati e le conseguenti applicazioni civiche. Saranno la scuola e la sanità i primi settori interessati da questa novità, mentre le regioni che ospiteranno i data center sono “le regioni del Sud percorse da dorsali potenti della connettività internazionale, in particolare Sicilia e Sardegna”.

LE COMUNITA’ LOCALI
Tutte le azioni sul fronte dalla ricerca e della innovazione, per evitare dispersione e confusione, si muoveranno nel quadro del progetto “città intelligenti” (Smart Cities) che diventa “parte integrante della Agenda Digitale”. Si tratta di una visione di una città del futuro in cui “una grande infrastruttura tecnologica e immateriale faccia dialogare persone ed oggetti, integrando informazioni e generando intelligenza, producendo inclusione e migliorando il nostro vivere quotidiano”. In una città intelligente è possibile costruire una agenda della innovazione sociale che partendo dai tantissimi dati ricevuti ed elaborati in tempo reale, consenta di affrontare problemi complessi come “la riduzione delle emissioni inquinanti, la nuova mobilità, abitazioni più sostenibili, una sanità più efficiente, un welfare equo e tecnologico per una società che invecchia”. Il progetto Smart City si configura come un progetto-Paese: “il modello di sviluppo attorno al quale disegnare il vestito tecnologico della Agenda Digitale”. Far questo ha anche motivi pratici: utilizzare con un forte coordinamento i fondi strutturali ancora disponibili e quelli previsti dal 2013 al 2020.

LA RETE
La premessa è che l’attuale Rete è sufficiente per sostenere l’offerta di servizi digitali ai cittadini: sono i servizi ad essere largamente insufficienti. Per questo, all’indispensabile investimento in infrastrutture, vanno affiancate azioni per far crescere “la domanda di Internet” (oggi circa il 40% degli italiani sono in digital divide volontario, ovvero non si collegano alla Rete pur abitando in zone coperte). Le norme del decreto Semplificazione, che impongono l’uso del web nel dialogo fra Pubblica Amministrazione e cittadini, vanno in questa direzione. Ma perché la strategia si riveli efficace, la connettività “dovrà assicurare diffusione rispetto all’obiettivo di garantire alte prestazioni”: tradotto, vuol dire, prima si porta Internet di base a tutti (ovvero a quel 6% di italiani ancora al buio), e poi si pensa alla fibra ottica superveloce da 100 megabit. E’ un rovesciamento della strategia precedente. Non solo. Il documento Profumo propone di superare una impostazione per cui la connettività va assicurata “fino alla porta di casa”, alla famiglia o alla singola impresa; per puntare sui grandi spazi pubblici come scuole, piazze, locali pubblici.

LE IMPRESE
Il successo di una Agenda Digitale così costruita poggia sul rafforzamento delle capacità tecnologiche delle imprese esistenti e degli enti di ricerca e scommette sulla nascita di nuove imprese guidate da giovani innovatori. Essenziale favorire la nascita di startup (in questo senso va letta l’imminente istituzione della società semplificata con un euro di capitale riservata agli under 35); e aumentando la disponibilità di capitale di rischio (di qui discende la decisione del fondo per la innovazione di destinare 50 milioni di euro al venture capital). Tutto ciò favorirà un nuovo tipo di distretto tecnologico, “nel quale prevalgono i criteri di specializzazione e concentrazione territoriale delle competenze, con una bassa incidenza di infrastruttura fisica rispetto a quella immateriale e con un forte coinvolgimento della pubblica amministrazione quale sperimentatore attivo di nuove tecnologie ed applicazioni nel perimetro della Smart City”. Potrà giocare un ruolo l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie della innovazione che fin qui si era occupata di promuovere mini-expo all’estero e invece “sarà restituita alla sua missione originaria”.